San Carlo alle Quattro Fontane



Nel 1634 gli venne commissionata la costruzione del monastero di San Carlo alle Quattro Fontane, Borromini costruì prima di tutto il dormitorio, il refettorio e i chiostri, dimostrando di di essere un maestro nella razionalizzazione degli spazi. Nel 1638 fu posta la prima pietra della vera e propria chiesa  (che venne consacrata nel 1646); è di fondamentale importanza rendersi conto che nella progettazione del monastero Borromini basò i suoi disegni su unità geometriche, rinnegando il principio classico di di progettare in termini di moduli, cioè in termini di moltiplicazione e divisione di una unità aritmetica di base (rinunciando quindi alla posizione centrale dell’architettura antropomorfica).
Nella progettazione di San Carlo, Borromini diede straordinaria importanza all’elemento scultorio delle colonne, esse sono raggruppate per quattro con più larghi intervalli sull’asse longitudinale e trasversale. Per l’inserimento della cupola su una base di questo tipo, l’architetto posizionò un’area di transizione con pennacchi che gli permettono di disegnare una cupola ovale di forma curvilinea continua; i quattro intercolunni sotto i pennacchi adempiscono quindi la funzione dei pilastri negli incroci delle piante a croce greca. In questa chiesa Borromini conciliò tre differenti tipo di struttura: la zona più bassa ondulata (la cui origine si ritrova nelle piante tardo antiche, come il salone e la cupola della piazza d’Oro di Villa Adriana), la zona intermedia dei pennacchi (che deriva dalla pianta a croce greca) e la cupola ovale (che secondo la tradizione dovrebbe ergersi su una struttura della stessa forma).
La facciata della chiesa fu l’ultimo lavoro di Borromini; il sistema di articolazione, che combina un’ordine piccolo ed un’ordine gigantesco, deriva dai palazzi capitolini di Michelangelo e dalla facciata di San Pietro (dove Borromini aveva iniziato a lavorare come scalpellino), ma egli utilizzò il sistema michelangiolesco in maniera differente. Ripetendo i due registri di importanza quasi uguale, egli operò contro lo spirito per qui il sistema era stato creato, cioè di unificare la facciata in tutta la sua altezza, infatti la fila superiore contiene una quasi completa inversione di quella inferiore. La facciata consiste di tre settori; sotto, i due settori esterni concavi e il settore centrale convesso sono legati insieme dalla robusta, continua e ondulata trabeazione; sopra, i tre settori sono concavi e la trabeazione si svolge in tre segmenti separati. Inoltre il medaglione ovale sorretto da angeli e sovrastato dall’elemento a forma di cipolla annulla l’effetto del cornicione come barriera orizzontale. Sotto, le colonnine dei settori esterni incorniciano un muro con piccole finestre ovali e servono come supporto per nicchie con statue; sopra, le colonnine incorniciano nicchie e sostengono pannelli di muro conclusi; in altre parole, le parti chiuse e aperte sono state invertite.
Nel caso di San Carlo alle Quattro Fontane si tratta di una architettura che non ha soluzione di continuità (non vi è frattura nella definizione dello spazio, non ci sono angoli che interrompono la lettura dello spazio o la luce), i punti critici in cui una linea si trasforma da concava a convessa vengo risolti con l’interposizione delle colonne, inoltre il trattamento a stucco della cupola serve a decorare ed ad esasperare ulteriormente la spazialità dell’ambiente.
Nell’Oratorio dei Filippini il prospetto non richiama un’edilizia religiosa bensì è caratteristico dell’edilizia residenziale dell’epoca (che qui il linguaggio architettonico prescinde da quello che è il discorso di funzione).

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