Santa Maria delle Carceri a Prato (1485)

Già guardando il prospetto della chiesa richiama subito alla mente, sia come colori e sia come organizzazione di disegno architettonico, la chiesa di Santa Maria novella e quindi Leon battista Alberti, tanto è vero che è stato largamente riconosciuto che la chiesa di Santa Maria delle Carceri, oltre che costituirsi come primo esempio di architettura religiosa a pianta centrale, rappresenta dal punto di vista architettonico un ottimo fusione tra sistema strutturale stabilito da Filippo Brunelleschi ed il disegno architettonico definito da Leon battista Alberti. La chiesa di Santa Maria delle Carceri sorge a Prato nelle vicinanze della fortezza sul sedime che originariamente era occupato dalle antiche carceri, vuole la leggenda che nel 1484 un giovane vide muoversi un'immagine di Maria che era raffigurata lungo il muro di queste carceri ormai fatiscenti, si sparse la voce e per questo Lorenzo de Medici decise di fidanzare la costruzione di questo edificio chiamando Giuliano (edificio su cui Lorenzo poté ingerire sia dal punto di vista economico che dal punto di vista formale perché era diventato cognato del vescovo di Firenze, Francesco Orsini, il quale era spesso a Roma e aveva delegato i suoi poteri a Lorenzo).
Come abbiamo detto la pianta che progetta Giuliano si può definire come la prima pianta centrica, infatti in questo caso di impianto definito da una croce greca (perché a tutti i bracci uguali), lo spazio che si percepisce è uno spazio indifferenziato nel quale non vi è presente alcuna gerarchia né di percorso e di percezione visiva (tutti gli elementi architettonici hanno la stessa importanza). Questa pianta verrà ampiamente usato gli architetti che lo seguiranno (soprattutto come vedremo il fratello), tuttavia è stato avvicinato il progetto di Giuliano alla chiesa di San Sebastiano Mantova, però dal punto di vista strutturale e dal punto di vista spaziale in questo caso è molto più chiaro un impianto come quello sangallesco (abbiamo una croce greca con tre entrate, un'idea mai realizzata di abside ed in cui la struttura e continua, infatti la cupola si imposta tradizionalmente agli angoli del vano di crociera, i cui muri svolgono una funzione strutturale). Un altro riferimento che sarebbe importante citare di questa pianta è un disegno, attribuito dubitativamente o a Giuliano da Sangallo o a Bramante, che raffigura uno dei primissimi progetti della chiesa di San Pietro a Roma (infatti Giuliano ha modo di lavorare a Roma direttamente a contatto con Bramante, di cui diventa uno dei suoi più stretti collaboratori).
Come si può vedere in sezione si tratta di un edificio molto semplice dal punto di vista architettonico, in cui, analogamente a quanto abbiamo visto sia nel caso di San Sebastiano ma anche delle architetture più piccole di Brunelleschi, gli spazi adiacenti alla cupola sono tutti voltati a botte, proprio per contribuire al sistema di rafforzamento della struttura della cupola, che non è altro che una calotta sferica su pennacchi.
All'interno del linguaggio brunelleschiano ha la sua massima espressione, infatti se all'esterno il contatto più diretto ed immediato è quello di Leon Battista Alberti, all'interno il trattamento delle superfici è esattamente analogo a quanto faceva Brunelleschi a Firenze, quindi l'evidenziazione del sistema scheletrico e strutturale attraverso l'utilizzo della pietra serena e soprattutto attraverso l'utilizzo della famosa lesena (che in questo caso non sei incisioni).
Per quanto riguarda la decorazione interna fu realizzata da Domenico Ghirlandaio, si dice che il disegno per gli altari fosse opera dello stesso Giuliano e che riprende esattamente le edicole presenti all'interno del Pantheon. All’esterno si nota come in questo caso viene utilizzato un tamburo circolare (con bucature) per raccordare la cupola circolare con l'ambiente sottostante; si può anche notare una somiglianza tra la soluzione angolare di Santa Maria novella e la soluzione adottate da Giuliano, così come l'utilizzo del marmo verde di Prato intervallato con il marmo bianco di Carrara.
La fine della costruzione della chiesa (anche se manca ancora una facciata) è attestabile all’800.

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